Supermoon

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4 marzo 2014

Il richiamo del mare*


"Si appartiene al luogo in cui si e' nati" diceva, mentre dipingeva con le sue mani da vecchia e i suoi occhi da bambina. "Per quanto tu faccia, ti ci fanno tornare."
zia Natalia


Un giorno Natalia Esparza, donna dalle gambe corte e dai seni rotondi, si innamoro' del mare. Non sapeva esattamente quando l'avesse presa quel desiderio indifferibile di conoscere il remoto e leggendario oceano, ma la prese cosi' forte che dovette abbandonare la scuola di piano e lanciarsi alla ricerca del Mare Caraibico, perche' di li' erano venuti i suoi antenati un secolo prima e li' la spingeva senza pieta' quel che chiamo' il brandello smarrito della sua coscienza.
La zia Natalia era cresciuta guardando i vulcani, scrutandoli da mane a sera.
Era sempre vissuta su quella terra oscura e sotto quel cielo freddo, cucinando dolci a fuoco lento e carne nascosta sotto i colori di salse complicatissime. Mangiava in piatti dipinti, beveva in bicchieri di cristallo e passava ore seduta davanti alla piogia, ascoltando le preghiere di sua madre e le favole di suo nonno su draghi e cavalli alati. Ma venne a sapere del mare un pomeriggio in cui certi zii s'intromisero nell sua merenda di pane e cioccolato, prima di proseguire il cammino verso la citta' fortifcata circondata da un implacabile oceano di colori. 
Sette tonalita' di azzurro, tre di verde, una dorata: il mare le aveva tutte. L'argento che nessuno si sarebbe portato via: intatto sotto un pomeriggio nuvoloso. La notte la sfida al valore delle barche, alla coscienza tranquilla dei marinai. Il mattino come un sogno di cristallo, il mezzogiorno brillante come i desideri.
Laggiu', penso' Natalia, anche gli uomini dovevano essere diversi. Vicino a quel mare a cui non smetteva di pensare dalla merenda del giovedi', non potevano esserci proprietari di fabbriche, ne' venditori di riso, ne' mugnai, ne' altri capaci di rimanersene tranquilli sotto lo stesso cielo per tutta la vita. E lei era tanto stufa della tovaglia e del pianoforte, che parti' dietro agli zii senza alcun rimorso. Avrebbe vissuto con gli zii, spero' sua madre; da sola, come un cavallo pazzo, indovino' suo padre. 
Non conosceva la strada, voleva soltanto arrivare al mare. E al mare arrivo', dopo un lungo viaggio e dopo una terribile camminata dietro ai pescatori che incontro' al mercato della famosa citta' bianca. 
La zia Natalia aveva trascorso tutta la mattina seduta al mercato del pesce, guardando arrivare uno dopo l'altro uomini che scambiavano con qualsiasi cosa i loro animali. Si soffermo' sulle spalle, sul modo di camminare e sulla voce indignata di uno che non ne volle sapere di regalare il grosso mollusco che portava. 
E gli occhi della zia Natalia si persero dietro a quell'uomo. 

Il primo giorno camminarono senza sosta, con lei che non faceva altro che chiedere se la sabbia del mare era bianca come lo zucchero e le notti calde come l'alcool. A volte si sedeva a massaggiarsi i piedi. Arrivarono soltanto il pomeriggio del giorno seguente. La zia Natalia non riusciva a crederci. Si slancio' verso l'acqua con le sue ultime forse e si mise a piangere sale nel sale. Le facevano male i piedi, le ginocchia, le cosce. Il sole le bruciava le spalle e il viso. Le facevano male i desideri, il cuore e i capelli. 
Perche' piangeva? Sprofondare in quel mare non era forse il suo unico desiderio? 
La sera cadde lentamente. Sola sulla spiaggia interminabile, si tocco' le gambe: non erano ancora quelle di una sirena. L'aria era quasi fredda; si lascio' trasportare dalle onde verso riva. Cammino' per la spiaggia. Non molto lontano c'era il vecchio, con gli occhi smarriti in lei. 

Nessuno sa come fu la vita della zia Natalia a Holbox. Torno' a Puebla sei mesi piu' tardi, invecchiata di dieci anni, facendosi chiamare la vedova di Uc Yam. 
Aveva la pelle scura e rugosa, le mani callose e una strana sicurezza nella vita. Non si sposo' mai, non le manco' mai un uomo, imparo' a dipingere e l'azzurro dei suoi quadri divenne famoso a Parigi e New York. 
Visse sempre a Puebla, anche se qualche sera, mentre guardava i vulcani,
 i suoi sogni volavano verso il mare.
"Si appartiene al luogo in cui si e' nati" diceva, mentre dipingeva con le sue mani da vecchia e i suoi occhi da bambina. "Per quanto tu faccia, ti ci fanno tornare."

*Liberamente tratto da "Donne dagli occhi grandi" di Angeles Mastretta


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